Lectio Magistralis di John Barrow, premio Templeton per la scienza e la religione Introduce Giulio Giorello L'infinito è dentro l'uomo, ciascuno lo vede come crede e come ha imparato a rappresentarselo. (John Barrow) Nonostante il tentativo di Parmenide di bandire il nulla, in quanto non essere, dalla storia del pensiero occidentale, questo concetto - polarmente opposto a quello di infinito - ha continuato a ossessionare, come un incubo ricorrente, il pensiero di filosofi, mistici e teologi, da Plotino ad Agostino, da Scoto Eriugena a Meister Eckhart, da Cusano a Hegel, fino a Heidegger e Sartre. Nell'800, alla corte di Aquisgrana, Fredigiso di Tours presentava la celebre Epistola de substantia nihili et tenebrarum; del 1509 è il Libellus de nihilo di Charles de Bouvelles. "Infralle cose grandi che fra noi si trovano, l'essere del nulla è grandissima", sentenzia Leonardo da Vinci in una delle visionarie annotazioni del Codice Atlantico. E Leopardi nello Zibaldone scrive: "In somma, il principio delle cose, e di Dio stesso, è il nulla". Anche la scienza moderna, post-galileiana, non ha mai smesso di interrogarsi sull'esistenza e sulla natura del "nulla", e non soltanto perché il pensiero scientifico è inestricabilmente connesso al pensiero filosofico: per la comprensione del mondo fisico è necessario indagare le proprietà del vuoto, per lo studio degli enti matematici occorre approfondire i concetti di zero e di insieme vuoto. Le fasi principali di questa avventura intellettuale sono ricostruite da John Barrow, che dopo aver esplorato in Infinities (il testo teatrale messo in scena da Luca Ronconi) i vari concetti di infinito e i vertiginosi paradossi che ne scaturiscono, rovescia il cannocchiale per scrutare gli abissi del nulla.