La complessità di Philip K. Dick (1928-1982) rende lo scrittore americano una figura di non facile collocazione. È prima di tutto colui che ha riabilitato la fantascienza; ma anche uomo sospettoso, a tratti cupo, debole, eppure affascinante e istrionico. Sicuramente dotato di una straordinaria visionarietà . Nella sua opera confluiscono schegge di mondi distanti e apparentemente inconciliabili: dalla psicanalisi al mondo delle droghe, fino all’ossessione per il complotto e per i totalitarismi – giungendo, nell’ultima fase della sua produzione, alla creazione di una teologia gnostica. Uno scrittore che attraverso il suo repertorio fatto di realtà e illusione, vero e simulacro, vita e morte, fede e follia, ha più di ogni altro pensato e rappresentato il confine. **