Se, nel discorso comune, diciamo “arte”, forse ancora, in qualche modo, ci intendiamo. Ma comprendere davvero qualcosa dell’arte, della sua funzione nelle nostre vite, del suo rapporto con la realtà , non è affatto facile. La fatidica domanda: ”ma è ancora arte, questa?”, pronunciata o meno, è sempre sulle bocche di molti. Tradizionalmente, i limiti dell’arte erano i limiti della rappresentazione mimetica della realtà : l’arte era imitazione. Perché si potesse parlare di imitazione, c’era però bisogno di una chiara distinzione tra arte e realtà , tra ciò che imita e ciò che è imitato. Con il Novecento, però, questo modello ha cominciato a mostrare la sua inadeguatezza: la realtà entrava nell’arte (come nei collage) o veniva senz’altro promossa ad arte (come nei readymade di Duchamp), tanto che due prodotti, benché indistinguibili, potevano essere uno “arte” e l’altro “non arte”. Oggi assistiamo a un’estremizzazione ancora più inquietante di questa cancellazione di confini: talvolta è la realtà stessa, nei suoi aspetti più “abietti”, disgustosi, o semplicemente banali che viene esposta direttamente, mirando alla cancellazione di ogni residua prospettiva simbolica. In questa tavola rotonda, tre filosofi, un artista e uno psicoanalista mettono a confronto le loro competenze ed esperienze per provare a vederci un po’ più chiaro.