Nel corso degli anni ’60 un serie di esperienze innovative preparano il terreno teorico alla contestazione che scoppiò negli anni successivi. Attorno a riviste come i Quaderni Rossi o Classe Operaia andò maturando una riflessione fortemente critica del marxismo assurto a dottrina ufficiale dei partiti operai italiani. Un marxismo che nel solco della tradizione nazionale De Sanctis-Labriola-Croce-Gramsci si era sempre più diluito in un generico storicismo progressista, incapace di interpretare i profondi mutamenti che il capitalismo del boom economico aveva portato alla composizione di classe della società italiana. Contro i vaghi appelli alle masse lavoratrici ed alla democrazia progressiva, occorreva ritornare al Marx teorico della lotta di classe nel cuore dello sviluppo capitalistico e del suo centro propulsivo (la fabbrica) e al Lenin teorico della rivoluzione.